In questo ci ricordano molto più gli americani: da noi una semplice bistecca non deve necessariamente essere accompagnata da salse o condimenti, come ketchup o maionese, ma anche salsa barbecue o salsa rosa, mentre per uno statunitense il fatto di non avere i suoi tubetti giallo e rosso sulla tavola potrebbe creare qualche problema.
Al pari degli americani, anche i romani avevano una salsa che utilizzavano ad ogni pie’ sospinto e su tutte le pietanze, il garum, ma per nulla simile al ketcup o alla maionese, anzi!
Molti hanno provato a interpretare e riproporre le ricette giunte fino a noi, ma l’unica cosa che tutti hanno sempre condiviso è il gusto che questo “liquamen” potesse avere, soprattutto ai palati attuali: una vera schifezza.
Ma allora perché era così famoso tra gli antichi romani se, addirittura, vi erano dei centri di produzione anche lontani da Roma, come ad esempio nell’antica Pompei o nell’attuale Spagna?
Diciamo che era un po’ come una salsa pregiata che permetteva ai normali piatti (che ricordo, ai tempi dei romani, non erano poi così molti) di diventare delle prelibatezze da cuochi sopraffini. Ad esempio, due semplici uova e un tocco di garum, di quello pregiato, e il gioco era fatto. Del resto, la vera abilità del cuoco romano era quella di sapere dosare il garum sulle pietanze.
Tanto è vero che non proprio tutti se lo potevano permettere. Al contrario, si trattava di una vera e propria prelibatezza a cui erano abituate solo le classi agiate.
Ma come era fatto il garum?
Il processo di produzione del garum richiedeva cure, lavoro e spese. Ne esistevano varie tipologie, tutte preziose, alla cui base di lavorazione ci sono gli stessi ingredienti: il pesce.
Ebbene sì, si prendevano le interiora di pesce e pesci minuti, soprattutto acciughe e sgombri, si lasciavano marcire nel sale, poi al sole, per giorni e giorni avendo cura di rivoltarle e sbatterle per farla fermentare; poi si passava al setaccio. Il “liquamen” che ne sortiva, era il famoso garum.
Per i nostri palati una vera e propria porcheria, quasi nauseabondo, per avere una vaga idea, pensate ad una pasta di acciughe ma dal sapore ancora più acuto e acido: anche se i nostri stomachi non reggerebbero un sapore del genere, va precisato che, sebbene considerato una leccornia, anche allora qualche problema di socializzazione il garum lo dava.
Ne è conferma un epigramma di Marziale, in base al quale un certo Papilo, ha un alito così forte che è sufficiente una sua zaffata per trasformare una cosa profumata in garum! Un po’ come la sorella del Marchese del Grillo o la sorella del Pomata (Febbre da cavallo, 1976).
Questa volta, non posso lasciarvi con un buon appetito
😉
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